Gli studenti dell’Istituto Dante Alighieri mercoledì 22 marzo hanno partecipato all’uscita didattica alla diga del Vajont allo scopo di approfondire storicamente, scientificamente e culturalmente le cause e gli effetti del disastro occorso la sera del 9 ottobre 1963. Durante la visita gli studenti, accompagnati da due guide alpine delle Dolomiti friulane,  sono giunti, a piedi, al paese di Casso. In questo luogo è stato possibile approfondire le conoscenze riguardanti le strutture geomorfologiche dei monti Toc e Salta. Successivamente ci si è addentrati in un sentiero alla scoperta del territorio del Parco Naturale delle Dolomiti Friulane, che ha portato i ragazzi direttamente alla diga. Nel percorso è stato possibile osservare anche la zona dove prima era situata la base del cantiere, di cui rimangono solo le fondamenta. Arrivati alla diga, si è percorso il suo coronamento che collega il monte Salta alla zona dove era presente la sala di controllo dell’impianto idroelettrico e qui si è potuto osservare l’impressionante scenario della frana del Monte Toc e della valle sottostante di Longarone, spazzata via in una notte. Infine si è giunti al paese di Erto dove, dopo un momento di ristoro, si è visitato il museo del Vajont allestito a memoria della tragedia che ha colpito i territori della Valle.

Abbiamo raccolto le impressioni di alcuni studenti: Angela Santuliana e  Giacomo Buson della Classe IV liceo linguistico.

“Abbiamo vissuto i momenti tragici e da pelle d’oca del disastro accaduto alla diga del Vajont. Dopo una camminata, che partiva dal paese di Erto, passando per Casso e terminando alla diga, tutti abbiamo avuto la possibilità di ammirarne la maestosità: alta 261m, la notte del 9 ottobre 1963 portò con sé la vita di 1917 persone, tra cui bambini appena nati e donne incinte. Cominciò tutto con una frana del monte Toc, che si colloca appena sopra la suddetta diga, che precipitò, causando l’inondazione di Longarone ed altri paesi vicini, per poi concludersi al mare.- queste le parole di una commossa AngelaCiò che ha lasciato tutti noi studenti senza parole è stato come l’acqua avesse portato via con sé alcuni corpi fino al mare, sfigurandoli finché erano quasi irriconoscibili.

“Ciò che ci ha colpiti di più è stata  la strada che portava alla diga dove, appesi al corrimano, si trovano dei bavaglini colorati, con sopra scritto il nome, l’età dei singoli bambini che hanno perso la vita la sera del disastro. – aggiunge GiacomoMolti di noi si sono commossi alla vista di questa immagine: avevamo sempre associato la tragedia del Vajont a delle statistiche che ci apparivano solo numeri, non li avevamo mai associati a persone vere, con nomi e una vita. L’esperienza, è stata come un viaggio della memoria per la tragedia che ha colpito una zona così vicina a dove abitiamo, una tragedia che ha tolto la vita nel sonno a molte persone, nel loro momento più intimo e di maggiore pace della giornata.”